sabato, Luglio 27, 2024

Gli studi professionali sono all’età della pietra.

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Il recente rapporto del centro interdipartimentale dell’Università di Pavia Institute for Transformative Innovation Research (Itir), presentato in collaborazione con AssoSoftware, l’Accademia dei Commercialisti e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, ha evidenziato una realtà sorprendente riguardo la digitalizzazione degli studi professionali italiani.

Nonostante l’importanza crescente delle tecnologie digitali nel contesto lavorativo moderno, molti studi professionali in Italia sembrano essere ancora indietro.

La digitalizzazione è un fattore cruciale per la competitività e l’efficienza in ogni settore, compreso quello dei servizi professionali come commercialisti, avvocati e consulenti. La tecnologia offre strumenti per ottimizzare i processi, migliorare la comunicazione con i clienti e aumentare la sicurezza dei dati. Nonostante ciò, il rapporto evidenzia come la maggior parte degli studi professionali italiani investa una cifra relativamente bassa in digitalizzazione, con la maggioranza che spende tra i 1.000 e i 5.000 euro all’anno e solo una minoranza che supera i 30.000 euro.

Investimenti e formazione in tecnologia: c’è ancora una grande lacuna nella formazione tecnologica. La maggior parte dei professionisti dedica non più di un giorno all’anno alla formazione sulla tecnologia, con solo l’11% che supera i sette giorni l’anno. Questo è particolarmente preoccupante in un’era in cui le competenze digitali sono fondamentali per gestire efficacemente gli strumenti informatici e proteggere i dati sensibili dei clienti.

Utilizzo degli strumenti digitali: le e-mail sono lo strumento digitale più utilizzato dagli studi professionali, con un punteggio di 4,42 su 5. Seguono sistemi di backup e riunioni digitali, mentre la tecnologia più avanzata come l’intelligenza artificiale ha ricevuto il punteggio più basso, evidenziando una significativa resistenza all’adozione. Questa situazione suggerisce una percezione del digitale come strumento necessario più per adempiere a obblighi normativi che come opportunità di crescita.

Percezione e attitudini: il rapporto sottolinea una certa riluttanza nel rinnovare i modelli di business in risposta alla digitalizzazione. Il 54% degli intervistati ha ammesso di aver fatto solo piccoli cambiamenti nei loro servizi tra il 2020 e il 2022, e un significativo 30% ha descritto i cambiamenti come moderatamente rilevanti. Solo il 5% ha indicato cambiamenti molto significativi, il che potrebbe indicare una mancanza di consapevolezza o di risorse per investire in innovazioni più profonde.

Chiamata all’azione e futuro: risulta essenziale promuovere una maggiore cultura digitale tra i professionisti. L’obiettivo è sostenere i professionisti nella trasformazione digitale, non solo per adeguarsi ai cambiamenti, ma per cogliere nuove opportunità che la tecnologia offre.

C’è dunque una chiara necessità di una maggiore investimento in tecnologia e formazione per assicurare che questi professionisti non solo sopravvivano ma prosperino in un ambiente sempre più digitale.

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