giovedì, Luglio 31, 2025

Perché ora l’Europa deve riprendersi il controllo del cloud?

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Negli ultimi decenni, l’Europa ha perso terreno nella corsa globale alla tecnologia. Pur rimanendo ai vertici dell’economia mondiale, la sua dipendenza da tecnologie strategiche – dall’intelligenza artificiale agli smartphone, passando per le infrastrutture cloud – è diventata sempre più preoccupante. Questa situazione rappresenta un rischio concreto per la sicurezza dei dati, per l’autonomia politica ed economica, e persino per la libertà dei cittadini.

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Oggi più del 70% dell’infrastruttura cloud europea è sotto il controllo di provider statunitensi e cinesi. Questo significa che molti dati sensibili degli europei sono potenzialmente soggetti a legislazioni straniere (come il Cloud Act o il FISA), indipendentemente da dove questi dati sono fisicamente archiviati. Tale dipendenza ci espone a sospensioni del servizio imposte da governi esterni e mette a rischio l’autonomia strategica dell’UE.

Un cloud in mano a giganti esteri: il primo problema da risolvere

La predominanza dei grandi hyperscaler americani (e in parte cinesi) nel mercato europeo è una realtà tangibile:

  • Le loro piattaforme gestiscono la maggior parte dei dati cloud in Europa, imponendo l’obbligo di conformità normativa extra-UE sui dati, indipendentemente dalla loro ubicazione.
  • Il Cloud Act statunitense, per esempio, obbliga Amazon, Microsoft e Google a fornire dati anche se fisicamente conservati in Europa, senza che il GDPR possa bloccarli.

Il problema non è solo tecnologico, ma strutturale: dall’infrastruttura al software, dalle pratiche aziendali alle normative, la dipendenza da soggetti extra-UE limita l’autonomia digitale.

Appalti pubblici: leva immediata per crescere

Il settore pubblico europeo ha un enorme potere contrattuale: con una spesa pari circa al 14% del PIL dell’UE (circa 2.000 miliardi di euro), può scegliere i propri fornitori e sostenere la nascita di un cloud autenticamente europeo.

  • Prioritizzare soluzioni europee può incoraggiare investimenti in ricerca e sviluppo, ottimizzazione delle offerte e crescita dei provider locali.
  • Un “Buy European Tech Act”, ispirato a politiche americane e asiatiche, consoliderebbe questo approccio, tutelando la concorrenza e l’innovazione interna.

Tuttavia, il pubblico da solo non basta: serve anche l’impegno del settore privato, dove le scelte strategiche delle imprese possono consolidare la filiera tecnologica nazionale.

Sovranità tecnologica: possedere infrastruttura e software

La sovranità digitale non si esaurisce con i data center: riguarda anche il controllo operativo e software:

  • Sovranità tecnologica = possedere l’intero stack: hardware, software e piattaforme di gestione.
  • Sovranità operativa = garantire la resilienza e la disponibilità continuativa dei dati e dei servizi.

Strumenti e iniziative attuali: Iniziative come Gaia‑X e Sovereign European Cloud API (SECA) mirano a creare interopabilità, trasparenza e capacità di scelta tra provider locali. Aruba, Dynamo, IONOS e altri stanno lavorando per creare ecosistemi cloud europei robusti e federati. Questi sforzi supportano la costruzione di un’infrastruttura digitale di proprietà europea, ma richiedono coordinamento, standard e interoperabilità.

Normativa UE e strumenti futuri

Sul fronte legislativo, l’UE sta adottando misure importanti per rafforzare la sovranità digitale: GDPR, NIS2, Data Governance Act, Cloud Service Scheme (EUCS), Digital Networks Act: tutti strumenti che rafforzano controllo, trasparenza e sicurezza.

Nuovi regolamenti in arrivo: Cloud and AI Development Act (CADA) e Digital Networks Act, che favoriranno investimenti nei data center e infrastrutture regionali.

Il rischio e vantaggi della “sovranità apparente”

Non basta dire “cloud europeo” per essere sovrani. Anche provider che gestiscono data center in Europa possono essere soggetti a leggi extra-UE. La fiducia digitale richiede residenza, giurisdizione, protezione, indipendenza tecnologica e trasparenza. Ecco cosa si guadagna da una reale sovranità digitale:

  • Sicurezza e privacy: dati sotto leggi UE, conformità GDPR, NIS2, e Data Act.
  • Resilienza operativa: infrastrutture robuste, leave-zero downtime, disaster recovery locali.
  • Controllo politico-strategico: capacità di decidere autonomia digitale senza pressioni esterne.
  • Supporto all’innovazione locale: crescita economica, startup, R\&S.
  • Fiducia digitale: clienti, amministrazioni e cittadini percepiscono trasparenza e controllo reale.

Il cloud sovrano può diventare un catalizzatore di crescita europea, sostenendo competitività e modelli di business sostenibili.

Concludendo, la sovranità digitale europea non è un lusso, ma una necessità strategica. Garantire il controllo del cloud è fondamentale per proteggere dati, sicurezza e autonomia europea. Le condizioni ci sono: talento, infrastrutture, normative e risorse finanziarie. Serve però una visione unitaria, decisioni coraggiose e un impegno coordinato tra settore pubblico e privato. Il cloud europeo autonomo non deve essere una bandiera ideologica, ma un progetto pragmatico basato su trasparenza, resilienza, competitività e fiducia. Solo così potremo trasformare la dipendenza in opportunità, ponendo le basi per un futuro tecnologico europeo forte e indipendente.

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