Il concetto di sovranità digitale — la capacità di uno Stato o di un’unione di Stati di governare autonomia, infrastrutture, dati e tecnologie nel proprio territorio — è diventato il centro del dibattito su sicurezza e indipendenza tecnologica. In particolare per l’Italia e per l’Europa, sovranità digitale significa non solo difesa, ma anche opportunità: rivestire un ruolo protagonista nel nuovo ecosistema globale, preservare la protezione dei dati e ridurre la dipendenza dai grandi operatori extra-UE.

La tavola rotonda di apertura del Forum ICT Security 2025 ha chiarito che oggi “sovranità” non significa isolamento, ma la capacità di scegliere con chi collaborare, sulla base di regole, fiducia e interoperabilità. Quali sono i tre punti su cui lavorare per raggiungere l’autonomia digitale?
- Minacce emergenti: AI malevola e quantum computing: è emersa la consapevolezza che non basta più proteggere sistemi tradizionali: l’innovazione stessa — intelligenza artificiale avanzata, automazione, quantum computing — può diventare vettore di attacco. Un esperto ha descritto un attacco realizzato da agenti IA — capaci di “scansionare, individuare vulnerabilità e sfruttarle” — con intervento umano minimo. Si aggiunge la prospettiva del quantum computing: un salto tecnologico che renderà obsoleti certi algoritmi crittografici su cui si basa la sicurezza digitale attuale. Diffondere infrastrutture resilienti e autonome diventa quindi urgente.
- Dipendenza da operatori esteri: un gap da colmare: Oggi oltre il 70% dei servizi di cybersecurity usati in Italia proviene da aziende non nazionali. Questo crea un vuoto di sovranità: in caso di crisi geopolitiche o tensioni commerciali, il Paese rischia di trovarsi senza controllo reale sulle proprie difese digitali. Secondo alcuni interlocutori industriali, la sproporzione tecnologica tra Europa/Italia e centri d’innovazione d’oltreoceano è ancora molto marcata — si parla di un “divario 1 a 50” nel campo delle tecnologie di intelligenza artificiale.
- Frammentazione del tessuto nazionale: competenze, industria e cultura: Anche quando ci sono eccellenze tecniche, la mancanza di coordinamento, massa critica e una cultura imprenditoriale orientata al globale indeboliscono la posizione italiana. Come osservato da diversi speaker al Forum, la sovranità non è un dato: si conquista — servono numeri, investimenti, visione unitaria.
Dove l’Italia può (e deve) puntare per riprendersi la sovranità?
- Strategia nazionale + coordinamento pubblico-privato: L’istituzione di autorità nazionali come Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) ha già offerto un riferimento per coordinare sicurezza, resilienza e cooperazione tra stato, industria e ricerca. L’idea è che “sovranità” non significa fare tutto da soli, ma governare la scelta delle collaborazioni, definire regole e standard (tecnici, giuridici, operativi) e garantire trasparenza e fiducia.
- Investimenti coordinati su AI, quantum e infrastrutture europee: L’Europa ha mobilitato fondi ingenti per rafforzare capacità in AI, quantum, cloud e cybersecurity: secondo stime recenti, il budget complessivo dei programmi comunitari destinati al cyber e alle tecnologie emergenti potrebbe superare 1,6 miliardi di euro entro il 2027. Per l’Italia significa essere protagonista di progetti come laboratori post-quantum, piattaforme cloud sovrane, standardizzazione, ricerca e sviluppo.
- Costruzione di un ecosistema di competenze italiane ed europee: Il capitale umano conta quanto infrastrutture e tecnologia. L’Italia deve valorizzare e rete-fare le sue eccellenze: università, startup, PMI, enti di ricerca. Una “massa critica” che consenta di competere su scala europea e globale, non solo come “nodo periferico”, ma come centro di innovazione e sviluppo.
Alcuni nodi critici – e come evitarli
- Procurement pubblico e regolamentazione: senza criteri di qualità, trasparenza e apertura tecnologica, ogni acquisto resta isolato. Serve un cambio di paradigma per fare del procurement digitale un motore di crescita e non solo un costo.
- Standardizzazione e certificazione: in particolare per le tecnologie emergenti (AI, quantum), gli stakeholder europei devono definire norme chiare, interoperabili e condivise, per evitare frammentazioni nazionali.
- Equilibrio tra autonomia e apertura: la sovranità non significa chiusura. Collaborazione tra Paesi, condivisione di best-practice, open-source, ma con regole chiare. Solo così la resilienza può diventare strutturale.
Cinque raccomandazioni operative
- Costruire infrastrutture e tecnologie realmente sovrane
- Adozione di data center e cloud europei, con garanzia di giurisdizione UE e cifratura avanzata.
- Investimenti in tecnologie post-quantum, crittografia nazionale/europea, soluzioni italiane.
- Politiche di procurement che evitano il lock-in e privilegiano interoperabilità, standard europei, auditabilità.
- Rendere sicura tutta la supply chain digitale
- Requisiti minimi di sicurezza per tutti i partner (MFA, DMARC, hardening, processi NIS2).
- Audit periodici delle terze parti critiche (cloud, software, ISP).
- Contratti con clausole su responsabilità, gestione degli incidenti, requisiti di resilienza.
- Sviluppare competenze nazionali e un ecosistema innovativo
- Programmi nazionali di upskilling cyber, formazione avanzata su AI, cloud, crittografia, OT/ICS.
- Hub universitari, spazi di collaborazione pubblico-privato, acceleratori per startup cyber italiane.
- Incentivi per trattenere o riportare in Italia specialisti, ricercatori ed esperti.
- Implementare standard, governance e continuità operativa
- Adozione di standard europei e internazionali (ISO 27001, ISO 22301, NIST CSF).
- Allineamento a NIS2 per gestione del rischio, incident reporting, resilienza dei servizi essenziali.
- Audit periodici, KPI misurabili, policy di sicurezza documentate e applicate.
- Promuovere una cultura della sicurezza e della responsabilità condivisa
- Formazione continua per dipendenti, dirigenti, PA, aziende—anti-phishing, uso sicuro dell’IA, gestione identità.
- Condivisione di intelligence, buone pratiche e incidenti tra settore pubblico, privato e forze dell’ordine.
- Comunicazione trasparente sugli incidenti per stimolare apprendimento e responsabilità collettiva.
La sfida 2030 — far diventare la sovranità digitale un’opportunità reale
La tappa del 2030 non è un obiettivo lontano, ma un punto di non ritorno. Le minacce, la competizione tecnologica e la complessità crescono, ma così anche le opportunità: un’Italia sovrana, autonoma, competitiva nel digitale non può essere un sogno.
Se riusciremo a coordinare investimenti, talento, industria e governance, potremo non solo difendere ciò che abbiamo — dati, infrastrutture, identità digitale — ma anche diventare protagonisti nella costruzione del futuro europeo: cloud sovrani, algoritmi resilienti, infrastrutture indipendenti.
La sovranità digitale non è protezione: è libertà di scelta, potere decisionale e competitività. E vale la pena costruirla, insieme.

